mercoledì 21 luglio 2010

Perché in Italia è difficile pubblicare 'onestamente', anche se si è bravi e si ha una buona idea



Quanto leggerete è stato appreso per esperienza diretta e indiretta. Partiamo dal presupposto che pubblicare in Italia in realtà è facilissimo: basta pagare! E, spesso, anche poche centinaia di euro, ad esempio se si ha una raccolta di poesiole che s’intende rivendere ad amici e parenti. La casa editrice in questione te ne stampa una cinquantina di copie, l’autore se le compra poi le rivende e tutti sono contenti. Tanto il poeta sa che non diventerà famoso.
Ma per quelli non disposti a pagare? Che magari ambiscono a diventare scrittori di professione?
A quel punto è una questione di fortuna, sia pubblicare, sia non finire nella rete di un contratto di edizione farlocco e svantaggioso.
Togliendo di mezzo tutta l’editoria a pagamento ci restano 3 possibilità:
le grandi case editrici ai più irraggiungibili.
La media -buona- editoria che però non investe quasi mai le sue risorse (non tantissime) negli esordienti.
Di solito tendono a seguire le mode del momento oppure s’invaghiscono di un’idea e puntano su quella magari anche a costo di mandare tutto per aria.
Loro hanno qualità, non dico come la grande editoria, ma se la cavano. Presentazioni, un po’ di pubblicità, distribuzione. Ma sono, ripeto, quasi inarrivabili, a meno che non si ha la fortuna di capitare con l’idea giusta, al momento giusto, con l’editor giusto e che, soprattutto, proprio in quel momento, la casa editrice goda di ottima salute per aver fatto il botto con qualche romanzo modaiolo.
Poi ci sono gli editori che non chiedono soldi in anticipo per la stampa ma fanno i furbastri. Vale a dire: ti impongono di firmare un contratto di edizione dove a te autore non spetta nessun guadagno. In compenso perdi i tuoi diritti.
Non organizzano presentazioni e se ci pensi tu pretendono che compri le copie del tuo romanzo e te le rivenda, questo perché loro ti hanno sì accalappiato ma oltre a vendere il tuo libro on-line (book on demond) non fanno. Non distribuiscono, non arrivano proprio alle librerie. Chiedono a te di darti da fare ma, loro, non fanno un granché.
In questo marasma ogni giorno Albatros e compagnia cantando continuano a buttare fuori romanzi ridicoli che non hanno motivo di essere.
La buona editoria punta tutto su pseudo scrittori e scrittrici proponendogli di comporre l’idea del momento. Non romanzi ma progetti per fare soldi.
E se magari questi soldi fossero investiti per della narrativa vera, mentre sicuramente saranno usati per l’ennesima stronzata scritta da un blogger con toni sarcastici e irriverenti, nella speranza che Simona Ventura o Barbara D’urso, incuriositi dal titolo ad effetto, invitino questi pseudo - artisti nel loro salotto.
Che poi, parliamoci chiaro, non c’è niente di male nell’idea di fare soldi. Fosse che magari si rendessero conto che i libri più letti in Italia sono ancora quelli che raccontano una storia.
Pessimismo e fastidio

lunedì 12 luglio 2010

Gedeon Burkhard al Roma fiction Festival

Piuttosto che parlare di questo stupendo avvenimento preferisco lasciare il tutto alle immagini...